Accademia Georgica Treia

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Valutazione del rischio di estinzione dei prodotti agroalimentari tradizionali delle Marche

Progetto di Ricerca realizzato con il sostegno della Camera di Commercio di Macerata

 Premessa
L’economia agricola Italiana sul finire del XIX secolo si presentava come un sistema frastagliato di realtà economiche, sociali, produttive. Le tecniche e le produzioni differivano decisamente sia per le varie condizioni ambientali che sociologiche legate in particolare alla storia, alla tradizione a rapporti economico e sociale: un mondo agricolo rappresentato da una miriade di prodotti diversi.
Anche per l’Accademia Georgica di Treia questo secolo è stato il periodo più fecondo, difatti la nota corrente di pensiero nota come Illuminismo generò nella sfera politica e sociale uno scardinamento delle secolari gerarchie fino al rivoluzionario grido “Libertà! Fraternità! Uguaglianza!”, che risuonerà anche sui territori marchigiani al seguito dell’armata napoleonica.
Nel 1778 l’antica Accademia dei Sollevati diventò Accademia Georgica, sostituendo all’interesse per le lettere quello per l’agricoltura, interesse rappresentato nel nuovo stemma raffigurante un aratro, una colonna di porfido di ordine toscano e, sopra di essi, il sole fecondatore della terra.
Istituzione moderna e innovativa, prima nel suo genere all’interno del chiuso e conservatore Stato Pontificio, ideologicamente vicina al pensiero fisiocratico e liberista, ha svolto un ruolo di primo piano nello scardinamento delle vecchie ed inefficienti abitudini agricole dei proprietari terrieri e dei coloni e nella profonda trasformazione della campagna marchigiana in direzione di un’agricoltura strutturalmente nuova, tecnicamente più progredita e rispettosa delle interazioni uomo - ambiente. Fra le numerose sperimentazioni ricordiamo soltanto quelle che per i risultati conseguiti segnarono una svolta nel settore agricolo. Oltre a tentare di migliorare l’estrazione dell’olio d’oliva, gli Accademici cercarono di ricavare olio da fonti alternative, come i granelli d’uva, i semi di rapa, quelli di lino e quelli di sanguinella. Per la pregevole qualità degli olii di semi ottenuti Pio VI le concesse una “privativa per la macinazione dei vinaccioli e semi di lino”. L’estrazione posteriore di altri olii dai semi d’altre piante ha tratto origine dall’iniziativa treiese. Nei primi anni del XIX secolo, l’Accademia importò, dal Meridione d’Italia, una foraggera nuova per le Marche, la sulla e la diffuse nella zona determinando in poco tempo la valorizzazione agricola d’immense distese di terreno argilloso e dando un notevole impulso alla produzione zootecnica. Analoghe attenzioni essa rivolse verso altre foraggere come l’erba medica, la lupinella, il lojetto, la verza alta e la rapa da foraggio. Altri contributi di fondamentale importanza furono l’introduzione della patata nelle campagne marchigiane e la compilazione, dal 1799 fino ai primi anni dell’Ottocento, di osservazioni meteorologiche sistematiche allo scopo di conoscere gli effetti delle condizioni atmosferiche sulle colture e sull’uomo. Vanno pure segnalati la scoperta di un nuovo vitigno, l’introduzione della coltivazione del tabacco, l’esercizio dell’apicoltura. Lo studio degli influssi lunari, la teoria e la pratica di una “via biologica” nella difesa delle coltivazioni e l’ambizioso progetto di una pianta agronomica a grande scala con riferimenti alla geologia, alla pedologia, all’idrografia e alle altre scienze esatte, al fine di operare la difesa delle acque, la protezione dei suoli dal dilavamento e la tutela dei boschi. Le sperimentazioni e gli studi più interessanti venivano pubblicati nel “Giornale delle arti e del commercio”, una rivista che l’Accademia fece stampare nel biennio 1780-81 e che la rese famosa in Italia ed in Europa.
 
Oggi che l’economia agricola è inserita in un mondo industrializzato dove il confronto non è più il mercato locale o nazionale ma europeo e mondiale il prodotto tipico, frutto di particolari tradizioni, legato a luoghi di produzione con caratteristiche del tutto peculiari a maggior ragione deve sopravvivere.
Il settore agroalimentare, quale secondo comparto dopo il metalmeccanico, riveste un ruolo di particolare rilievo per il nostro Paese dove i prodotti agroalimentari tipici e tradizionali possono altamente rappresentare l'immagine del Made in Italy nel mondo: un volano sinergico nello sviluppo culturale e turistico.
Il presente progetto orientato alla valutazione del rischio di estinzione dei prodotti agroalimentari tradizionale delle Marche vuole altresì proporre il recupero di quel patrimonio tradizionale che in questo momento particolare di globalizzazione alimentare mina anche le conoscenze delle giovani generazioni.
Secondo la XV revisione (anno 2015) dell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali, redatto ed aggiornato periodicamente dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (Mipaaf), nelle Marche risultano censiti 151 prodotti agroalimentari tradizionali (non-DOP, non-IGP) che includono varietà vegetali, razze animali e prodotti trasformati.
Si tratta di prodotti sui quali, a nostro avviso, regna complessivamente un alone d’incertezza riguardo il loro stato di “salute esistenziale”, che non può essere dedotto in automatico dal semplice aggiornamento periodico di un elenco nominativo.
In altre parole, riteniamo necessario che accanto all’aggiornamento dell’elenco suddetto debbano essere periodicamente monitorate anche le condizioni agrobiologiche, produttive, economiche e culturali in cui versano i prodotti in questione, al fine di porre in evidenza eventuali criticità che possano compromettere la sopravvivenza, soprattutto nel breve termine, dei singoli prodotti nei rispettivi territori di appartenenza e diffusione.
Questo monitoraggio potrà essere effettuato secondo le modalità di seguito descritte e costituenti le fasi principali della ricerca che ci proponiamo di svolgere al fine di contribuire alla tutela e alla valorizzazione dei prodotti agroalimentari tradizionali delle Marche.

 Il Progetto
DESCRIZIONE SINTETICA DELLA RICERCA E SUE FASI DI SVOLGIMENTO
Per poter effettuare una valutazione del rischio di estinzione dei prodotti agroalimentari delle Marche si  è reso necessario, innanzitutto, conoscere le principali informazioni a carattere scientifico, storico, geografico, economico e culturale ad essi relative.
Questa conoscenza può essere delineata riassumendo sinteticamente in una scheda, specifica per ciascun prodotto, le informazioni ottenibili tramite opportuna interrogazione dei motori di ricerca internet, che generalmente costituiscono un “termometro” idoneo a restituire rapidamente una prima ed attendibile panoramica circa la “salute” di un argomento fatto oggetto di ricerca. Oggigiorno, infatti, un argomento che non risulta documentato nel web fa già suonare un primo campanello d’allarme circa lo stato di conoscenza, e quindi di “esistenza”, dell’argomento stesso.
Estendendo questo concetto al prodotto agroalimentare tradizionale, possiamo dedurre che un prodotto agroalimentare tradizionale che non ha visibilità nel web è già di per sé un prodotto che, accanto ad un elevato “rischio cognitivo”, può presentare anche un potenziale ed incipiente “rischio di estinzione”.
La prima fase della ricerca passerà, dunque, attraverso il recupero di informazioni preesistenti sui prodotti oggetto della ricerca, da utilizzare per la realizzazione di una scheda, specifica per ciascun prodotto, contenente una sintesi delle principali notizie agrobiologiche, storiche, geografiche, economiche e culturali ad esso relative.
Le informazioni disponibili al termine della prima fase consentiranno di compiere una circostanziata valutazione dello status di tipicità posseduto da ciascuno dei suddetti prodotti, che costituisce la seconda fase della ricerca.
Lo status di tipicità è generalmente delineato in base al livello di soddisfazione del fattore genetico-biologico (le peculiarità fisiologiche e nutrizionali del prodotto), del fattore fisico-ambientale (le caratteristiche del territorio di produzione e diffusione) e del fattore antropico-tradizionale (il procedimento produttivo e la cultura annessa) attualmente in uso nella definizione della tipicità di un prodotto agroalimentare locale, che dovrebbe tenere in doverosa considerazione anche l’affermazione commerciale del prodotto stesso.
Sulla base della valutazione dello status di tipicità dei prodotti agroalimentari tradizionali si potrà, quindi, procedere con la terza fase, consistente nello stilare una sorta di “graduatoria della tipicità” dei prodotti esaminati, che vedrà ai primi posti i prodotti più stabili in termini di possesso dei requisiti di tipicità e di affermazione commerciale e agli ultimi posti i prodotti meno stabili e, di conseguenza, a maggiore rischio di estinzione.
La quarta fase della ricerca riguarderà, invece, la possibilità di valutare ulteriormente i prodotti agroalimentari tradizionali marchigiani considerati a maggior rischio di estinzione, approfondendo aspetti quali la perdita di biodiversità e l’impoverimento economico e culturale del territorio di appartenenza.

OBIETTIVI DELLA RICERCA
L’obiettivo a breve termine della ricerca è stato quello di divulgare i risultati ottenuti, mediante la pubblicazione di un volume a stampa curato dall’esecutore della ricerca ed edito dall’Accademia Georgica di Treia con il patrocinio della Camera di Commercio di Macerata ed eventuali soggetti collaboratori.
L’obiettivo a medio/lungo termine della ricerca è di stimolare:
- gli organismi pubblici preposti, le associazioni di categoria e i  giovani imprenditori marchigiani  per le produzioni agroalimentari tradizionali e, contemporaneamente,  facilitare  l’individuazione  di alcuni  prodotti  non  ancora  censiti   che  meritassero l’inserimento nell’elenco delle produzioni tradizionali.
- gli stessi attori per l’organizzazione di uno  studio dal punto di vista del consumatore che non ha ancora ricevuto in Italia la dovuta attenzione attraverso un’ampia letteratura di marketing finalizzata da  evidenziare i seguenti tre ruoli principali di scelta:
1) la sua natura di segnale di qualità, con valore predittivo verso altri attributi qualitativi del prodotto;
2) il suo ruolo simbolico e affettivo;
3) le sue implicazioni etico-normative.
In sostanza sembra evidente come una ritrovata attenzione nei confronti del consumatore oltre a contribuire ad una migliore comprensione delle dinamiche in atto, possa offrire agli attori dei sistemi locali, che sui prodotti agro-alimentari tipici puntano per favorire processi virtuosi di sviluppo, importanti elementi conoscitivi per le proprie scelte di commercializzazione individuali e collettive.
Un volano economico che potrebbe sostanzialmente contribuire alla crescita dell’economia locale non solo agricola.
 
LE FASI DI INTERVENTO DEL PROGETTO DI RICERCA
1.      Progettazione di dettaglio
2.      Adempimenti burocratici/amministrativi
3.      Coordinamento
4.      Esecuzione del progetto di ricerca
5.      Realizzazione della pubblicazione finale

IL PROGETTO DI RICERCA REALIZZATO: RIFLESSIONE DEL RICERCATORE DOTT. SERGIO SALVI
Lo spunto per la realizzazione di questo studio trae origine da alcune considerazioni espresse nell’ambito di una mia precedente ricerca sulle origini storico-geografiche e genetiche della varietà tradizionale di frumento “Rieti”, ricerca che ha inaspettatamente consentito di fare alcune interessanti considerazioni relativamente alla nascita del moderno concetto di prodotto tipico, da me datata alla metà del Settecento[1].
L’attuale concetto di prodotto tipico verte principalmente sulla soddisfazione di tre requisiti o fattori che un prodotto agroalimentare deve possedere per essere considerato tale: il fattore “genetico-biologico” (che include le peculiarità fisiologiche e nutrizionali del prodotto), il fattore “fisico-ambientale” (che tiene conto delle caratteristiche del territorio di origine) e il fattore “antropico-tradizionale” (inerente le conoscenze legate alla produzione e l’annessa cultura sensu lato)[2].
In aggiunta a questi tre fattori, le considerazioni da me sviluppate nell’ambito della ricerca sulle origini del frumento tradizionale “Rieti” hanno permesso di proporre un quarto fattore, definito “economico-commerciale”, che il prodotto tipico dovrebbe soddisfare soprattutto per poter continuare ad essere sé stesso. In altre parole, un prodotto tipico persiste e conserva la sua identità se ha anche un’affermazione commerciale[3].
Un’ulteriore avanzamento del suddetto studio, esteso ai frumenti tradizionali delle Marche, ha inoltre dimostrato come, tra le principali varietà tradizionali di frumento diffuse un tempo nella nostra regione, ad aver subito un sostanziale processo di estinzione siano state quelle caratterizzate dall’assenza di un mercato significativo (sia esso generico o di nicchia), capace di giustificarne il mantenimento in coltivazione, seppure in contesti marginali, nel corso del tempo[4]. Un mercato che per mantenersi durevolmente deve a sua volta trovare una giustificazione nelle prerogative del prodotto medesimo.
Generalizzando queste considerazioni ed estendendole a tutti i prodotti agroalimentari tradizionali - quindi non solo alle varietà vegetali e alle razze animali, ma anche ai prodotti trasformati - è nata l’idea di effettuare una valutazione del rischio di estinzione nella categoria dei PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali)[5] riferibili alla regione Marche.
Secondo la XV revisione (anno 2015) dell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali, redatto ed aggiornato periodicamente dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (Mipaaf), nelle Marche risultano censiti 151 prodotti agroalimentari tradizionali (non-DOP, non-IGP) che includono varietà vegetali, razze animali e prodotti trasformati. Essi rappresentano un giacimento culturale dal valore economico ancora inespresso, con riflessi diretti anche su altri settori produttivi, come il turismo[6].
Si tratta di prodotti sui quali, a mio avviso, regna complessivamente un alone di incertezza riguardo il loro stato di “salute esistenziale”, che non può essere dedotto in automatico dal semplice aggiornamento periodico di un elenco nominativo.
In altre parole, si ritiene necessario che accanto all’aggiornamento dell’elenco suddetto debba essere periodicamente aggiornata anche la situazione generale (agrobiologica, economico-produttiva e persino culturale) in cui versa ciascuno dei prodotti in questione, al fine di porre in evidenza eventuali criticità che possano compromettere la sopravvivenza di questi prodotti, soprattutto nel breve termine, nei rispettivi territori di appartenenza e diffusione.
Per poter effettuare una valutazione del rischio di estinzione dei prodotti agroalimentari delle Marche è necessario, innanzitutto, conoscere le principali informazioni a carattere scientifico, storico, geografico, economico e culturale ad essi relative.
Questa conoscenza può essere riassunta sinteticamente in un profilo, specifico per ciascun prodotto, unendo le informazioni già a disposizione con quelle di più recente acquisizione, ottenibili mediante opportuna interrogazione dei motori di ricerca internet, che generalmente costituiscono un “termometro” idoneo a restituire rapidamente una panoramica attendibile circa lo “stato di salute” di un argomento fatto oggetto di ricerca.
Oggigiorno, infatti, un argomento che non risulta documentato nel web fa già suonare un primo campanello d’allarme circa lo stato di conoscenza, e quindi di “esistenza”, dell’argomento stesso. Estendendo questo concetto al prodotto agroalimentare tradizionale, possiamo dedurre che se esso non ha un’adeguata visibilità nel web è già di per sé un prodotto che, accanto ad un elevato “rischio cognitivo”, può presentare anche un potenziale ed incipiente “rischio di estinzione”. Questo appare particolarmente vero in considerazione della capacità che il web possiede nel restituire informazioni relative alla “salute commerciale” di un prodotto, dato anche il crescente utilizzo di internet ai fini della promozione commerciale dei beni.
La valutazione della stabilità esistenziale dei prodotti agroalimentari tradizionali effettuata nel presente studio è riassunta mediante l’assegnazione di un punteggio per ciascun prodotto, nella seguente maniera: 1 punto per ogni requisito-base di tipicità[7] soddisfatto, zero punti per ogni requisito-base non soddisfatto; 1 punto se il requisito economico-commerciale è soddisfatto pienamente, zero punti se è soddisfatto solo marginalmente (borderline), -1 (meno un punto) se non è soddisfatto. Ad esempio: un prodotto che ottenga il punteggio {3, -1} è un prodotto dotato di massima tipicità in quanto soddisfa tutti e tre i requisiti-base, ma non soddisfa il requisito economico-commerciale (ossia non è sostenuto da un mercato apprezzabile), e quindi è un prodotto a rischio di estinzione. Viceversa, un prodotto che ottenga il punteggio {3, 1} è un prodotto ad elevata tipicità e caratterizzato dal possedere un mercato soddisfacente e costituisce, pertanto, un esempio di prodotto agroalimentare tradizionale in “buona salute”, lontano dal correre il rischio di scomparire proprio perché ha alle spalle un mercato che ne garantisce l’esistenza.
L’assegnazione dei punteggi permette, quindi, di elaborare una sorta di “graduatoria” della stabilità esistenziale dei prodotti esaminati, con ai primi posti i prodotti più stabili in termini di possesso dei requisiti di tipicità e di affermazione commerciale e, agli ultimi posti, i prodotti meno stabili e, di conseguenza, a maggiore rischio di estinzione.
La classificazione dei prodotti agroalimentari tradizionali marchigiani così elaborata dovrebbe permettere, da ultimo, di approfondire aspetti quali la perdita di biodiversità e l’impoverimento economico e culturale del territorio di appartenenza per i prodotti che si rivelino a rischio di estinzione.
L’elaborazione e l’attuazione di progetti di recupero e valorizzazione dei prodotti agroalimentari tradizionali che risultano maggiormente esposti a rischio di estinzione costituisce l’obiettivo a medio/lungo termine che lo studio in oggetto intende perseguire.
[1] Salvi 2013; Salvi 2014.
[2] Falcinelli, Porfiri, Torricelli 2013; Salvi 2014.
[3] Salvi 2014.
[4] Salvi 2015.
[5] Riconosciuti dal D. Lgs. n. 173 del 30 aprile 1998, sono considerati prodotti agroalimentari tradizionali, da inserire nell’elenco regionale e nazionale, ai sensi del D. M. n. 350 del 8 settembre 1999, quelli le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura sono praticate sul territorio in maniera omogenea e secondo regole tradizionali, protratte nel tempo per un periodo non inferiore ai venticinque anni (www.agricolturaequalita.it).
[6] Vergari 2016.
[7] Genetico-biologico, fisico-ambientale, antropico-tradizionale.

 Ringraziamenti
La presente ricerca è stata sostenuta dalla Camera di Commercio di Macerata
www.mc.camcom.it

Il volume con i risultati del progetto di ricerca è stato realizzato con il sostegno dei seguenti soggetti (in ordine alfabetico) ai quali vanno i più vivi ringraziamenti per la loro sensibilità:
Banca di Filottrano SC
P.za Garibaldi, 26
60024 Filottrano (AN)

www.filottrano.bcc.it
La Banca di Filottrano è nata nel 1952 grazie all'impegno di gruppi di agricoltori e altri imprenditori locali, con lo scopo di aiutare e sostenere le vite delle famiglie e dei lavoratori e le iniziative economiche delle piccole imprese di Filottrano. Nell'esercizio della sua attività la Banca si ispira ai principi della dottrina sociale cristiana ed ai principi cooperativi della mutualità senza fini di speculazione privata. Essa ha lo scopo di favorire i Soci e gli appartenenti alle comunità locali nelle operazioni e nei servizi bancari, perseguendo il miglioramento delle condizioni morali, culturali ed economiche degli stessi.
La Banca non persegue il lucro, non ha azionisti da remunerare. Non mira quindi a compiere operazioni che offrono vantaggi economici alla Banca, ma si preoccupa anche di tutelare gli interessi dei clienti. Tutto questo si manifesta nel modo di operare: amichevole e mai burocratico. Oltre a fornire il più ampio ventaglio di prodotti e servizi bancari e parabancari, la Banca, con una presenza costante e attiva nella vita economica e sociale della comunità in cui opera si propone quale interlocutore disponibile e fidato per la famiglia come per gli artigiani, i commercianti, gli agricoltori e i piccoli imprenditori.
La Banca si propone di crescere insieme alla sua gente. Anche se ormai utilizza le tecnologie più avanzate, per essere efficiente e valida interlocutrice verso i suoi Soci e clienti, tiene sempre presenti i principi e lo spirito originario da cui ha avuto vita il movimento di credito cooperativo a cui aderisce. Per questo si dedica con impegno profondo nella cura dei suoi clienti ed allo sviluppo della realtà in cui gli stessi vivono e lavorano. Una sana tradizione protesa verso il futuro.

CNA – Macerata
Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa
Via Zincone, 20
62100 Macerata
Telefono 0733.27951

www.mc.cna.it
La CNA è un’associazione di rappresentanza generale degli interessi delle imprese e degli imprenditori dell’artigianato e della piccola e media impresa ed è strumento della loro valorizzazione nella società e sul mercato.
L’associazione è leader nel supporto dell’artigianato e della piccola e media impresa, fornendo un grande Sistema per lo sviluppo, in continua e necessaria trasformazione, che basa la propria forza sulla capacità di integrare funzioni di rappresentanza, erogazione di servizi e promozione economica per 3300 imprenditori.
La CNA rappresenta presso le istituzioni e presso gli Enti i problemi dell’artigianato e opera per la tutela del settore, e promuove politiche di agevolazione ed opportunità per le piccole imprese
L’organizzazione conta 70 collaboratori, 10 associazioni di mestiere e 10 sedi territoriali.
La Confederazione, storicamente, è strettamente legata alle diverse problematiche del settore agricolo, e non può non sostenere la valorizzazione della produzione agricola, un settore economico trainante per la nostra regione. In particolare la salvaguardia dei prodotti tipici agroalimentari può rappresentare per il settore non solo un rispetto della storia del territorio e delle sue tradizioni ma un grosso contributo all’economia locale.

Copagri – Marche
Confederazione Produttori Agricoli

Sede principale
Via Tiziano, 11 - Ancona
Sede provinciale
Via San Giovanni Bosco, 40 - Macerata

www.copagri.marche.it
La Copagri è nata 1995, anno in cui è stata riconosciuta nel Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro (CNEL), come organizzazione maggiormente rappresentativa dei coltivatori diretti, e dal Ministero del Lavoro quale rappresentanza di rilievo nazionale e, quindi, autorizzata alla tenuta del Registro d'impresa per conto dei produttori associati.
Nelle Marche l’attività della Copagri è caratterizzata da una moltitudine di eventi con record di partecipazione volti sempre alla promozione dei prodotti agricoli e di nuove produzioni (Birra Agricola) “inventate” da essa stessa. L’attività di Copagri si distingue inoltre per un alta e qualificata progettualità per affiancare gli agricoltori nella riconversione e nel raggiungimento di un’adeguata redditività aziendale.

Azienda Agricola Si.Gi.
C.da Acquevive, 25
62100 Macerata
Telefono 0733.283164

www.agricolasigi.it
L’Azienda Agricola Si.Gi. dedica la propria esperienza e la passione a chi vuole riscoprire i sapori, i profumi e i colori dell'antica tradizione marchigiana.
I prodotti sono interamente fatti a mano, solo con materie prime di altissima qualità coltivate direttamente o da aziende limitrofe con particolare attenzione alle varietà antiche locali e ai frutti selvatici che stanno scomparendo dal mercato.
Grazie all’attività dell’azienda sono rimasti in vita prodotti come le Visciole al Sole, la Confettura di Fichi Bianchi o “fichi della signora”, di Morici o more di gelso, di Cotogna e Sapa, il Vino e Visciole e potrete scoprire anche nuovi prodotti come la gelatina di lacrima di Morro d’Alba e il Giuggiolone, il primo vino da dessert fatto con le giuggiole, vincitore del premio nazionale Oscar Green nel 2013.

 

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