Accademia Georgica Treia

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L'Accademia e la Città di Treia

Cenni Storici sull'Accademia Georgica

 

Nel XV secolo, quella passione umanistica che spinse molti all’attività intellettuale avrebbe animato, secondo la tradizione, un erudito e scrittore apostolico, Bartolomeo Vignati, che nel 1430 volle fondare nella sua città natale, Treia (allora detta Montecchio), una Accademia di nobili intellettuali dediti alla “incantatrice arte di Apollo”. Quei nobili decisero di chiamarsi Sollevati, con allusione alla potenza sublimatrice della poesia che coltivavano e, nello stemma che li rappresentava, impressero una leggiadra nuvoletta attratta dal sole, simbolo della levità e della leggerezza dei loro componimenti poetici.

L’Accademia visse il suo periodo più fecondo tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, proprio nell’età dell’Illuminismo le cui idee giunsero nelle Marche ancor prima dell’armata napoleonica.

Il notevole incremento demografico di quel periodo causò una forte crisi economica che investì tutta l’Europa. Rimedi efficaci potevano essere, secondo la corrente fisiocratica e liberista, il progresso e lo sviluppo dell’agricoltura. Questa teoria trovò terreno fertile a Treia dove nel 1778 alcuni intellettuali innovatori e appassionati di agronomia decisero di trasformare l’Accademia dei Sollevati in un centro per lo studio e la sperimentazione in agricoltura. Per sancire questo passaggio l’istituzione mutò il nome in Accademia Georgica dei Sollevati.

Ben presto l’Accademia treiese acquistò notorietà e riuscì a collegarsi con l’Accademia dei Georgofili di Firenze, con la quale ancora oggi ci sono stretti rapporti, e con quella di Berna.

L’attività dell’Accademia Georgica di Treia perseguì due obiettivi: la ricerca e la sperimentazione. Gli studi e le sperimentazioni venivano pubblicati nel “Giornale di Arti e Commercio” curato dall’Accademia nel biennio 1780-1781 e diffuso non solo in Italia, ma anche in Europa. Lo stesso Napoleone Bonaparte pensò di farne un polo di cultura agraria per l’Italia.

Gli esperimenti e le innovazioni dei ricercatori dell’Accademia segnarono un’importante svolta nel settore agricolo. Sono da ricordare la coltivazione della canapa e del lino, l’estrazione dell’olio dai semi, specialmente dai vinaccioli, l’introduzione della coltivazione della patata e del granturco, l’importazione di foraggi sconosciuti dai contadini marchigiani come la sulla, l’erba medica, la lupinella, il lojetto, la verza e la rapa, la scoperta di nuovi vitigni, la coltivazione del tabacco, la ricerca di nuovi sementi, la rotazione agraria e l’apicoltura. In particolare l’introduzione delle nuove erbe foraggere determinò in poco tempo la valorizzazione agricola delle immense distese di terreno argilloso che trovarono in queste nuove coltivazioni le piante adatte alla locale rotazione delle colture dando così un notevole impulso alla produzione zootecnica. Infatti con la coltivazione dei foraggi si evitava di lasciare incolti i terreni rendendo più celere il recupero della fertilità e, nel medesimo tempo, si otteneva un abbondante nutrimento per il bestiame. Gli studiosi sostennero, inoltre, la “via biologica” nella difesa dell’ambiente e delle coltivazioni dagli insetti nocivi.

Nel 1781, con breve di Papa Pio VI, gli Accademici ottennero l’autorizzazione dal Governo Pontificio di realizzare a Treia le “Case di Correzione e di Lavoro” dove giovani disadattati, vagabondi e disoccupati venivano impiegati nella fabbricazione di tele, refi e merletti, e tessuti per le vele delle imbarcazioni.

Nel 1799 iniziarono osservazioni meteorologiche sistematiche allo scopo di conoscere gli effetti dei cambiamenti climatici sull’uomo e sulle colture.

 

La brochure dell'Accademia Georgica

 

L’Accademia Georgica ha sede nella prestigiosa palazzina ottocentesca disegnata dall’architetto Giuseppe Valadier e fa corona alla Piazza principale della città.

Dopo lo straordinario impegno intellettuale della generazione illuminista, l’Accademia è rimasta in vita come centro di cultura in virtù del suo ricco patrimonio librario, archivistico e artistico. In base ad una convenzione firmata nel 1870, il Comune affidò all’Accademia tutto il patrimonio librario e documentario del Comune originato dalla soppressione degli ordini religiosi del 1861. Oggi l’Accademia conserva circa 14.000 volumi e l’Archivio Storico Comunale – uno dei più antichi e completi delle Marche – costituito dal fondo amministrativo-giudiziario con 852 manoscritti e da quello diplomatico-pergamenaceo comprendente 1.196 pergamene, di cui la più antica è datata 1161 e riguarda la vendita del Castello di S. Lorenzo, mentre la più originale per la sua lunghezza complessiva di 11,98 m è quella relativa agli atti del processo al podestà Baglioni svoltosi tra il 1278 e il 1296.

Sono, inoltre, custoditi nell’Accademia: l’Archivio degli Accademici con manoscritti relativi agli studi nel settore dell’agricoltura, incunaboli, codici, conii, sigilli, la collezione di foto con dedica e autografo di personaggi famosi donata da Raffaele Simboli, quadri del pittore futurista Giacomo Balla, i ritratti di Accademici illustri (Bartolomeo Vignati, Giulio Acquaticci, Ilario Altobelli, Luigi Lanzi, Fortunato Benigni), i fondi archivistici dei Padri Filippini, delle Clarisse, il fondo musicale Montebello, le carte relative al Teatro Comunale e alla Banda cittadina.

Ancora oggi l’Accademia offre un importante sussidio allo sviluppo culturale della realtà regionale e rimane il punto di riferimento di studiosi e di ricercatori non solo nazionali.


 

Galleria fotografica (in allestimento)