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Futurismo inedito – I ritratti nascosti: Giacomo Balla, Cleto Capponi, Gerardo Dottori, Sante Monachesi, Ivo Pannaggi

L'Accademia ha aderito alla mostra conferendo le opere di Giacomo Balla dalla stessa custodite

Ascoli Piceno, Palazzo dei Capitani del Popolo:  3 Dicembre 2009 – 21 Febbraio 2010

  

Dopo il successo delle mostre dedicate a Osvaldo Licini e a Tullio Pericoli, Ascoli Piceno, ormai pienamente inserita nel circuito delle mete delle grandi mostre, punta quest’anno su quella che è l’unica avanguardia prodotta in Italia, il futurismo, con una mostra che sul terminare quasi delle celebrazioni per il centenario spiazza tutti perché mette in campo una novità assoluta di rara, raffinata curiosità. Sotto i riflettori infatti un versante del tutto sconosciuto del movimento che ha anticipato molti aspetti della modernità esaltando anche la stessa irriverenza verso i potenti.

Futurismo inedito – I ritratti nascosti è uno spaccato sorprendentemente e quasi misteriosamente finora rimasto celato ai più. In mostra a Palazzo dei Capitani del Popolo dal 3 dicembre al 21 febbraio 2010, nella centralissima e splendida piazza del Popolo, le opere di Cleto Capponi, Ivo Pannaggi, Sante Monachesi, Gerardo Dottori e Giacomo Balla.

La mostra, promossa dal Comune di Ascoli Piceno in collaborazione con la Pinacoteca Civica di Macerata e l’Archivio Sante Monachesi di Roma, è curata da Stefano Papetti supportato dalla testimonianza diretta di Maurizio Capponi, figlio dell’artista. Nel Comitato Scientifico, autori anche di saggi in catalogo, nomi come Carlo Melloni, Luigi Tallarico.

Cinquanta opere di cui più di 30 disegni dei primi anni Trenta di Cleto Capponi, artista nato proprio ad Ascoli, che rappresentano il nucleo più intrigante. Una ritrattistica “irriverente” dei “vip” dell’epoca. Tratto tagliente e scolpito (non dimentichiamo che Cleto Capponi è anche scultore), forte sintesi plastica, intensità espressiva ed introspettiva.

Capponi, artista che ha contribuito in maniera decisiva all’approdo del movimento futurista nelle Marche, era giovanissimo quando scoprì Balla, Depero e Boccioni, ma il suo talento non ci mise molto ad emergere, rivelando da subito una potente vena di ritrattista.

Galeotta fu la boxe, è proprio il caso di dire, per Cleto Capponi. Congiuntura favorevole infatti fu un incontro di pugilato del campione Primo Carnera ad Ascoli: Capponi fece un ritratto del pugile, coniugando una raffinatissima qualità del disegno con i caratteri costitutivi dell’estetica futurista. Il giovane, appena ventiduenne, lo pubblicò sulle pagine locali de “Il Messaggero” ma venne presto notato e spostato in nazionale per poi passare, molto apprezzato dai potenti, a illustrare il Popolo d’Italia, producendo una lunga serie di ritratti dei personaggi di rango dell’epoca. Dalla sua matita nascono due serie di ritratti, “Galleria dei contemporanei” e “Galleria del regime” per la prima e la terza pagina. Da Roosevelt ad Eden fino al sovrano del Siam. Tutti volti passati tramite il processo futurista di scomposizione dei piani e delle linee, ma secondo uno stile personalissimo. L’aspetto fondamentale nei ritratti del giovane futurista risiede nella scelta di ritrarre volti senza utilizzare la componente anatomica, bensì utilizzando quella sovrapposizione di piani e linee che insieme descrivono, combinandosi, fisionomia e psicologia dei soggetti ritratti. Basti pensare alla netta eloquenza del suo “Primo Carnera”.

In mostra quindi sfila una galleria di personaggi della politica, della cultura, della scienza, del cinema, dello sport, italiani e internazionali, immortalati dalle pagine di quello che all’epoca era il quotidiano più potente, il Popolo d’Italia”, presente sul tavolo dell’intero ceto dirigente, politico e accademico. Veri e propri ritratti, talvolta “caricature concettuali”, in molti casi antesignani della “vignetta politica.

Luciano Canfora, fornisce una preziosa testimonianza sull’importanza dei ritratti e sulla loro “rimozione” storica ed emotiva. In particolare, sottolineando l’aspetto centrale di questa iniziativa, ha scritto: “Un aspetto della modernità di quel giornale furono anche i brillanti ritratti futuristi di Cleto Capponi che giustamente ora vengono riproposti in una mostra. Parlare seriamente di tutto ciò non dimostra affatto simpatia per il fascismo”.

Last but not least, ad Ascoli, quasi “una mostra nella mostra” con due “giganti” del grande Futurismo: due opere del tutto inedite di Giacomo Balla, uno dei riferimenti futuristi più accreditati sin dagli anni della fanciullezza di Capponi. “Ritratto di Simboli” del 1936 e “Ritratto della madre di Simboli” del 1928, appartenenti alla fase del “ritorno all’ordine”. Troviamo un uso del colore che si trasforma in materia liquida e filamentosa con le immagini che si costruiscono grazie a sottili variazioni di colore. Il volto della madre di Raffaele Simboli affiora dall’ombra, con un gioco di luci che restituisce giovinezza e vitalità ad un viso comunque segnato dagli anni. “Simboli”, nell’altro ritratto, è ancora più interessante per il particolare uso delle ombre, lasciando intravedere, alle spalle del soggetto, una veduta di Treia, piccolo borgo dell’entroterra marchigiano.

Tra le iniziative collaterali passeggiate e itinerari per conoscere l’opera e la biografia di Cleto Capponi, conferenze e performance dedicati alle più diverse arti e discipline che il futurismo ha toccato e profondamente segnato: dal cinema alla  fotografia, dalla letteratura alla musica e perfino alla gastronomia. E infine i “faccia a faccia” con i figli dei personaggi ritratti, tra cui Primo Carnera e Guglielmo Marconi. Neanche a dirlo anche le locations saranno d’epoca riscoprendo un’affascinante Ascoli degli anni Trenta.

 

Eventi come questo dimostrano dunque che non è stato ancora detto tutto sul Futurismo, sia per quanto riguarda la produzione di artisti ancora non antologizzati e assenti dalle tradizionali rose, ma anche rispetto alle opere di autori eccelsi, discussi e studiati come Giacomo Balla.

È stata infatti una grande sorpresa, per i primi ad entrare in mostra, trovarsi al cospetto delle due tele del tutto inedite, dipinte da un nome fondamentale del movimento d’avanguardia.

Le due opere di Balla , “Ritratto di Simboli” del 1936 e “Ritratto della madre di Simboli” del 1928, esposte per la prima volta, provengono dall’Accademia Georgica di Treia, prestigiosa istituzione di ispirazione illuminista fondata nel XVIII secolo per il miglioramento delle pratiche agricole, che possiede una cospicua collezione di opere d'arte donate dai soci.

Ma non solo: vi è stata una sorpresa nella sorpresa quando, osservandone una delle due, ci si è trovati di fronte ad un’opera nell’opera. Nel ritratto del benemerito cittadino treiese Simboli, Balla propone infatti un interessante effetto trompe l'oeil, riproducendo alle spalle del personaggio un suo dipinto raffigurante una giovane donna che conversa con una amica e, all’interno di quest’ultimo, sulla parete retrostante, un ulteriore dipinto, eseguito nella fase di adesione al Futurismo, negli anni Venti!

Dunque Balla che ritrae un personaggio stimato per parlare anche un po’ di stesso, con un quadro che in realtà cela tappe importanti della carriera artistica del suo autore. Insomma una citazione di se stesso a tutti gli effetti.

“In un solo quadro, Balla ne propone ben tre, offrendoci l'opportunità di effettuare un excursus retrospettivo della sua opera. Spaziando dalle composizioni di impronta futurista alle immagini suadenti del "Ritorno all'ordine" l'opera marchigiana, che per la prima volta esce dai saloni austeri dell'Accademia Georgica, sintetizza un intero percorso creativo e nel contempo evidenzia un momento di passaggio epocale nel quadro dell'arte dei primi decenni del XX secolo.” Ha detto durante la presentazione della mostra alla stampa il curatore Stefano Papetti a cui si deve la scoperta “dei Balla e l’individuazione “dei tre quadri in uno”.

E’ stato sempre Papetti, fine storico dell’arte marchigiano, nonché direttore della Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno, a sottolineare che Cleto Capponi, che ha dipinto sino a 88 anni, ha sempre mantenuto fino alla fine uno spirito futurista reinterpretandolo. Non foss’altro che per aver mantenuto un approccio dissacrante e tagliente nel segno e nelle figure. A questo proposito anche l’intervento del figlio, Maurizio Capponi, ha ricordato l’artista al lavoro in un atelier-bottega d’arte multidisciplinare all’interno della quale l’artista si è sempre cimentato con le più diverse forme d’arte rivelando una passione per la materia pittorica e scultorea che fosse.

E’ stato il Sindaco Guido Castelli invece a sottolineare l’importanza del fatto che l’anno dedicato al futurismo si chiuda proprio con l’evento ascolano che aggiunge un tassello fondamentale al futurismo marchigiano fino ad ora rappresentato soprattutto da Macerata con le opere di Monachesi e Pannaggi. Last but not least, ecco Capponi il futurista marchigiano “scoperto” da questa mostra.

 

 

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